Lettera al Direttore di Luca Gori

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Egregio Direttore,

La contatto nuovamente, perché vorrei sapere, cortesemente, cosa ne pensa dei Matrimoni islamici, in particolare di quelli dove sono i genitori a decidere con chi il proprio figlio si debba sposare ed anche di quelli che avvengono tra ragazzine e uomini adulti. Io, personalmente, non sono minimamente d’accordo: né con le une, né con le altre! Io penso, che, il matrimonio, debba essere una libera scelta tra due fidanzati, che si vogliono bene sinceramente e che però, le nozze debbano avvenire anche tra coetanei, per due ragioni: perché altrimenti sarebbero contro natura e perché, in caso contrario, i fidanzati, prima, e gli sposi, poi, non avrebbero nulla da condividere tra loro. Vorrei però, anche confrontarmi con Lei, su questo argomento molto importante!

La ringrazio per la sua disponibilità!

Cordiali saluti!

Luca Gori

 

Egregio signor Luca Gori,

le questioni che Ella pone si riconducono tutte all’essenza del matrimonio, dalla quale discendono, necessariamente, i giudizi sulle specifiche situazioni da Lei richiamate.

Il matrimonio è il patto («negozio giuridico», secondo il linguaggio del Codice Civile, e «contratto», secondo il Diritto Canonico), con il quale un uomo ed una donna si vincolano reciprocamente, al fine di costituire una famiglia. La stessa etimologia ne chiarisce il significato.

Matrimonio deriva dall’unione dei termini latini matris (genitivo singolare di mater = madre) e munus (= compito). Esso è, quindi, lo strumento giuridico che pone la donna nelle migliori condizioni per assolvere al suo compito di madre; la finalità primaria del matrimonio è, quindi, quella della procreazione ed educazione dei figli, cui si aggiunge, strumentalmente, quella della reciproca assistenza spirituale e materiale dei coniugi.

La procreazione, per la stessa sopravvivenza della specie, deve spingersi fino a rendere i figli indipendenti e capaci di una vita propria. Questo, negli animali, giunge alla semplice generazione o, in alcuni casi, al nutrimento della prole fino a che abbia raggiunto un sufficiente grado di sviluppo oppure, in altri casi, all’alimentazione si aggiunge anche un certo grado di addestramento. Tutto questo, però, riguarda unicamente l’aspetto materiale, in quanto le bestie sono dotate di anima vegetativa e di anima sensitiva, ma non di anima razionale.

Nell’uomo, invece, la procreazione è ontologicamente inseparabile dall’educazione, poiché la sua anima razionale la richiede: la persona umana, per acquisire quel grado di autonomia che le permetta una vita autonoma dai genitori, necessita dello sviluppo della sua parte fisica, ma anche di quella spirituale; si potrebbe, anzi, dire che quest’ultima sia più importante della prima, in quanto atta a presiederne tutta l’esistenza.

Poiché l’uomo, oltre ad avere un’anima razionale ed una naturale propensione alla socialità, è dotato di spiccata differenziazione e complementarietà tra i sessi, il ruolo della madre sia nella generazione che nell’educazione dei figli, quantunque, ovviamente, essenziale non è esaustivo e necessita di quello dell’uomo, in quanto marito ed in quanto padre. Oltre che sotto l’aspetto più intuitivo della generazione, questo duplice ruolo ha essenziali risvolti anche sotto quello dell’educazione. La natura materna della donna trova il suo naturale completamento nel suo essere sposa, così come la natura paterna dell’uomo lo trova nell’essere marito. Ecco che il mutuo sostentamento spirituale e materiale dei coniugi contribuisce a renderli meglio e più facilmente idonei alla generazione ed all’educazione della prole. Oltre a ciò, la perfetta educazione dei figli necessita tanto dell’apporto paterno, con la sua incarnazione del principio di autorità, quanto di quello materno, con la sua incarnazione del principio di amorevole accudimento, in un delicato equilibrio, che trova più profonda ed armonica attuazione quanto maggiormente ciascuno dei genitori adempie alla propria funzione.

Da quanto sommariamente esposto, risulta evidente che ciascuno degli sposi, al momento delle nozze, deve aver raggiunto la maturità fisica e spirituale per poter liberamente assumere gli impegni del suo nuovo stato e per potervi fare fronte. I matrimoni tra uomini adulti e bambine, ovviamente, non soddisfano, almeno per quanto riguarda la sposa, questo requisito e, oltre ad essere ontologicamente nulli per vizio del consenso, in quanto una delle due parti non può esprimere una volontà libera, costituiscono una vera e propria forma di violenza, e delle più gravi, nei confronti della bimba coinvolta. Oltre a caricare sulle sue gracili spalle un peso che né le compete né è in grado di sopportare, tali nozze le tolgono l’innocenza, propria dell’infanzia.

A dire il vero, questa usanza contro natura non è propria solo del mondo islamico, ma in esso trova una sanzione religiosa che manca altrove. Secondo la Sirah Rasul Allah («Vita dell’apostolo di Dio») o Sirat Nabawiyya («Vita del Profeta»), normalmente abbreviata in Sira, terzo libro sacro dell’Islam, Maometto (570-632) sposò ʿĀʾisha bint Abī Bakr (614-679) quando ella aveva sei anni e consumò il matrimonio quando ne aveva nove; all’epoca delle nozze il fondatore della religione musulmana aveva circa cinquant’anni. Per questa religione, ogni atto del Profeta non ha solo valore storico, ma è anche ammaestramento per tutti i suoi seguaci, che sono, nei limiti del possibile, tenuti ad imitarlo. Diviene, quindi, particolarmente difficoltoso spiegare ad un musulmano l’intrinseca malvagità dell’atto, poiché, secondo la sua credenza, ogni azione compiuta da Maometto è di per sé stessa buona e degna di imitazione.

Più sfumato deve essere il discorso sulla differenza di età tra gli sposi. Di per sé, essa non è contraria alla natura del matrimonio, ma può diventarlo, di fatto. Quando tale differenza impedisca o, anche solo, renda particolarmente difficoltoso ad uno dei coniugi o, peggio, ad entrambi l’adempimento dei doveri coniugali o degli obblighi nei confronti dei figli, diviene un ostacolo alla perfezione del vincolo matrimoniale e, quindi, deve essere evitata. Di norma, dunque, il matrimonio tra persone di età molto diversa viene fortemente sconsigliato, anche se non categoricamente proibito. È del tutto ovvio che, però, il più giovane degli sposi deve già essere fisicamente e spiritualmente maturo per compiere questo impegnativo passo.

Per quanto concerne i cosiddetti «matrimoni combinati», è necessario distinguere tra il caso in cui l’azione dei genitori o di altre persone che si prestano a tale scopo coarta la volontà degli sposi e quello in cui ciò non avviene. Nel primo caso, il matrimonio è, ovviamente, nullo per vizio del consenso, in quanto il marito e/o la moglie non ha liberamente assunto gli obblighi derivanti dalle nozze. Nel secondo, invece, le indicazioni esterne alla coppia hanno avuto unicamente funzioni di consiglio, anche se, in alcune circostanze, esso è stato particolarmente pressante; qui la libertà degli sposi non è venuta meno, perché hanno avuto la reale possibilità di rifiutare tali indicazioni. È del tutto ovvio che, nella pratica, la distinzione tra un caso e l’altro può essere particolarmente complessa. La stella polare che deve guidare chiunque voglia aiutare qualcuno a «trovare moglie» o a «trovare marito» non può che essere la consapevolezza che gli obblighi che ci si assume con il matrimonio sono particolarmente impegnativi, perché coinvolgono la totalità della persona e, come si dice, «sono per tutta la vita».

In conclusione, possiamo affermare che solo la consapevolezza della natura e dell’importanza del matrimonio può prevenire quelle storture che si verificano ogni qual volta si voglia forzare l’istituto matrimoniale a fini che non sono i suoi.

 

 

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