La straordinaria opera di San Pio V a 450 anni dalla sua morte

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Urna e monumento di San Pio V nella basilica papale di Santa Maria Maggiore, Roma

 

Sono trascorsi 450 anni esatti dalla scomparsa in terra di san Pio V, al secolo Antonio Ghislieri: era infatti il 1° maggio del 1572. Le sue imprese per il beneficio della Chiesa e dell’Europa e di tutto l’Occidente sono tutte registrate attraverso la storiografia realista (non ideologica) ed ecclesiale. Il suo totale servizio per amore e difesa della fede e della Chiesa ha portato a risultati così eccellenti da divenire uno dei Pontefici più grandi di tutti i tempi.

L’elezione del monaco domenicano sulla cattedra di san Pietro venne salutata in questi termini: «Un vero rappresentante di Cristo» e non esiste altra definizione migliore per onorare e lodare un Papa, che nel caso di Michele Ghislieri non aveva ancora dato dimostrazione della sua missione pontificia.

Grazie ad una straordinaria autorità e ad un alto prestigio dovuti alla santità della sua vita, il nuovo Pontefice riuscì con sforzi incessanti ad introdurre gli indirizzi del Concilio di Trento in Europa e nel Nuovo Mondo. Era il 7 gennaio del 1566 quando, con la sorpresa di molti, a maggior ragione il protagonista, i cardinali riuniti in conclave elessero il cardinale Ghislieri, fino a quel momento noto come il cardinale di Alessandria. Fu la sua integrità dottrinale e morale, e non gli intrighi, a fargli guadagnare i voti del Sacro Collegio ed il nipote del Papa defunto, san Carlo Borromeo (1538-1584), conoscendo lo spessore spirituale ed ecclesiale del domenicano Ghislieri, si adoperò, in accordo con il cardinale Alessandro Farnese (1520-1589), per la sua elezione. Tutto l’ambiente ecclesiastico applaudì a quella elezione, perché secondo tutti il nuovo Papa sarebbe stato in grado di affrontare tutte le scottanti e minacciose questioni in corso. È vero, la sua fama di austerità di vita spaventò alcuni prelati, ma egli subito replicò: «Spero di governare in modo tale che la mia morte causi loro più dolore della mia elevazione».

Questo austero domenicano, portato al trono pontificio all’età di 62 anni e dotato di una vitalità straordinaria, dedicò tutta la sua energia alla riforma della Chiesa e alla lotta contro gli infedeli. Agì con fermezza e doti governative, ma allo stesso tempo come un mistico immerso nel mondo soprannaturale e come un monaco intransigente e visionario.

L’uomo appena eletto non assomigliava affatto al suo predecessore Pio IV (1499-1565), del quale riprese il nome per sottolineare la continuità con colui che aveva portato a buon fine il Concilio di Trento. Pio IV apparteneva ad una ricca famiglia milanese; aveva manifestato talenti di realismo e prudenza, ma con tocchi di gusto per la mondanità, caratteristica tipica dei papi rinascimentali. Pio V, invece, da bambino aveva fatto il pastore e ai suoi occhi i compromessi politici non avevano alcuna importanza di fronte al valore assoluto della religione di Cristo. Anche come Papa voleva restare fra’ Michele di Alessandria, l’austero monaco mendicante. Al palazzo pontificio conduceva una vita monacale: era vestito con una semplice camicia di lana, mangiava con frugalità e trascorreva molte ore nella preghiera, meditando sulla Passione di Gesù Cristo o recitando il Rosario. Nonostante la sua grande umiltà, per cui avrebbe preferito rimanere un semplice monaco, accettò la tiara per senso del dovere e per obbedienza alla volontà di Dio. D’altra parte il suo predecessore gli aveva impedito che si ritirasse in un convento perché la sua azione, anche come inquisitore, era stata fondamentale.

Emaciato per i suoi sacrifici, anche a tavola (era pelle ed ossa), per il poco dormire, studiava molto lo stato della Chiesa e il protestantesimo che aveva lacerato l’Europa, allo steso tempo era in grado di ascoltare anche per dieci ore di seguito coloro che lo visitavano e altrettanto chiedeva ai suoi collaboratori. Tutti i suoi scritti, lettere o decreti, portavano il segno di una forza enorme, di cui parlano anche i contemporanei, tutti, sia amici che nemici concordano nel considerare Papa Ghislieri una personalità straordinaria. Lo spagnolo Luis de Requesens y Zúñiga (1528-1576), governatore dei Paesi Bassi, il cardinale Antoine Perrenot de Granvelle (1517-1586) e diversi diplomatici ripetevano: «Il Papa è un santo» e negli scritti degli avversari spesso si trovano lodi nei suoi confronti: «Preferiremmo», disse un consigliere dell’Imperatore, «la morte dell’attuale Santo Padre, nonostante la sua santità così grande, inesprimibile, fuori misura, inusitata!».

Il popolo romano apprezzava il monaco piemontese che viveva nel palazzo pontificio come in una cella, che digiunava e si imponeva mortificazioni nella considerazione che sacramenti e preghiera sono gli aspetti più importanti non solo del fedele, ma anche di chi governa la Chiesa. Sempre presente alla processione del Santissimo Sacramento, partecipava sempre all’esercizio devozionale, recuperato insieme a san Filippo Neri, della visita alle sette basiliche di Roma. Nel periodo di carnevale partecipava alle Quarant’ore di Santa Sabina. Così, nelle strade romane non sfilavano più i famosi cortei di cardinali in carrozza, ma pii dignitari: i cardinali da lui creati nel 1568 e nel 1570 erano prelati noti per la santità di vita, non per i loro titoli o le loro ricchezze.

Non si dimenticò mai di essere povero per nascita e per scelta. Antonio era nato il 27 gennaio 1504 a Bosco, oggi Bosco Marengo, in provincia di Alessandria: a quel tempo il villaggio apparteneva alla diocesi di Tortona e al ducato di Milano. Suo padre e sua madre erano Paolo Ghislieri e Dominina Augeri. A dispetto delle umili condizioni dell’infanzia e della prima giovinezza, apparteneva al ramo primogenito della nobile e potente famiglia bolognese dei Ghislieri, esiliata da Bologna nel contesto delle contese civili per il predominio della città, essendo entrata in contrasto con la nascente signoria dei Bentivoglio. Suo bisnonno era Lippo di Tomaso, ricco banchiere e notaio, che aveva appoggiato Baldassarre Canetoli nell’uccisione di Annibale I Bentivoglio nel 1445. Esiliato, Lippo si era portato a Bosco con il figlio Antonio, omonimo nonno del futuro pontefice.

Antonio e poi, in religione, Michele fu sempre riconoscente alla generosità di un vicino di casa, un certo Bastone, che notò la sorprendente intelligenza del fanciullo, offrendogli la possibilità di studiare con il proprio figlio alla scuola dei Domenicani di Bosco. Fu così che a 14 anni decise di entrare nel convento nel convento di Santa Maria della Pietà a Voghera dei frati Predicatori a Voghera, prendendo, appunto, il nome di Michele.

Negli anni di preparazione al sacerdozio, insieme a una solida formazione teologica, facilitata da una fervida brillantezza intellettuale, Ghislieri manifestò quella austerità di vita che sempre lo caratterizzerà. Nel 1528 riceve l’ordinazione sacerdotale a Genova e già a quel tempo si distingue per la forza della sua fede, a Parma, infatti, sostiene trenta proposte a supporto del seggio pontificio contro le eresie che si scagliano su di esso.

Come rettore di vari conventi domenicani si distingue per la rigida e santificante disciplina imposta, e riceve la nomina di inquisitore della città di Como. Giunto a Roma nel 1550 diviene Commissario generale dell’Inquisizione romana. Paolo IV (1476-1559) lo nomina Vescovo di Sutri e Nepi nel 1556; l’anno seguente viene creato Cardinale con il titolo di Santa Maria sopra Minerva. Nel 1558 viene nominato Grande Inquisitore e due anni dopo Vescovo di Mondovì.

 

Casa natale di san Pio V, Bosco Marengo (AL)

 

Fonte battesimale dove venne battezzato Antonio Ghislieri, chiesa parrocchiale di Santi Pietro e Pantaleone, Bosco Marengo (AL)

 

Cucina della famiglia Ghislieri

 

Cercò, con ogni mezzo, di migliorare i costumi della gente emettendo bolle, punendo l’accattonaggio, vietando le dissolutezze del carnevale, cacciando da Roma le prostitute, condannando i fornicatori e i profanatori dei giorni festivi. Per i bestemmiatori furono previste sanzioni. Difese strenuamente il vincolo matrimoniale e si oppose fermamente all’adulterio. Ridusse il costo della corte papale, impose l’obbligo di residenza dei Vescovi e affermò l’importanza del cerimoniale. Le sue decisioni furono di enorme importanza, per esempio rafforzò gli strumenti della Controriforma per combattere l’eresia e il Protestantesimo, e diede nuovo impulso all’Inquisizione romana.

Risoluto e onesto, subalpino tutto d’un pezzo, San Pio V fu rigido oppositore del nepotismo. Ai numerosi parenti accorsi a Roma con la speranza di ottenere da lui qualche privilegio e beneficio economico, Pio V disse che un parente del Papa può considerarsi sufficientemente ricco se non conosce la miseria.

Fu lui, l’11 aprile 1567, a dare il titolo di Dottore della Chiesa a san Tommaso d’Aquino (1225-1274). Nel 1568 lo stesso titolo fu concesso anche a quattro Padri della Chiesa d’Oriente: sant’Atanasio (295 ca.- 373), san Basilio Magno (329-379), san Giovanni Crisostomo (344/354-407) e san Gregorio Nazianzeno (329 – 390 ca.). Da questi suoi atti si evince la sua ferma volontà di custodire in sommo grado l’integrità della Fede e di difendere la Chiesa dagli avversari e dalle eresie, ben sapendo che il consenso nei suoi confronti avrebbe ricevuto duri colpi: la sua intransigenza e il suo zelo gli valsero molti nemici. Celebri sono rimaste le volgari pasquinate dileggianti la sua persona.

Fu coraggioso difensore dei diritti giurisdizionali della Chiesa e per questo si scontrò con Filippo II di Spagna (1527-1598). Durante le guerre di religione in Francia, sostenne i cattolici contro gli Ugonotti, mentre in Inghilterra appoggiò la cattolica Maria Stuarda (1542-1587) contro l’anglicana Elisabetta I (1533-1603), che scomunicò nel 1570 con la bolla Regnans in Excelsis.

 

Piazza Cardinal Boggiani a Bosco Marengo (AL), copia bronzea, posta di fronte alla chiesa parrocchiale di Santi Pietro e Pantaleone, realizzata nel 1936 dell’originale posto sulla tomba di San Pio V della basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, opera di Leonardo Sarzana

 

Statua lignea di San Pio V, chiesa parrocchiale di Santi Pietro e Pantaleone, Bosco Marengo (AL)

 

Cappella di San Pio V, chiesa parrocchiale di Santi Pietro e Pantaleone, Bosco Marengo (AL)

 

Le centinaia di articoli apparsi sul Bollario in poco più di sei anni di pontificato, costituiscono una testimonianza della sua attività straordinaria. Nulla sfuggiva alla sua vigilanza, dal minuscolo dettaglio per regolare la celebrazione liturgica alle prescrizioni più generali che riguardavano le comunità generali nelle lontane colonie. Le decisioni che prendeva concernevano sia il campo dogmatico che quello disciplinare: nel primo campo trovò un consenso quasi unanime, mentre le altre misure urtarono a volte tradizioni locali ed interessi particolari, risolti a volte con conflitti con i principi e talaltra con le scomuniche. Iniziò la sua grande opera di riforma in tutta la Chiesa, dove applicò i decreti conciliari e siccome era cosciente che le istituzioni valgono di più degli uomini, scelse validi collaboratori, degni e consapevoli dei propri compiti.

San Carlo Borromeo fu suo consigliere e non potendo trattenere a Roma l’arcivescovo di Milano, san Pio V fece arrivare alla Santa Sede il suo braccio destro, Nicolò Ormaneto (1515/1516-1577), che era stato vicario generale di Borromeo durante la sua assenza da Milano (1564-65) e gli fu al fianco nell’opera di riforma dell’arcidiocesi ambrosiana.

In vari energici discorsi il Papa sottolineò, davanti ai membri della corte romana, che ognuno era chiamato a dare l’esempio con la semplicità del suo stile di vita, la frugalità della tavola e l’austerità dei costumi ed i laici avrebbero dovuto avvicinarsi frequentemente ai sacramenti. Ai vescovi e ai parroci il Pontefice ricordò i doveri della vita sacerdotale e l’obbligo di residenza e giunse a minacciare di scomunica coloro che entro un mese non fossero ritornati nelle proprie diocesi. Il clero romano subì un rigido controllo morale; i confessori delle chiese dovettero superare un esame; l’accesso al sacerdozio fu reso più severo e nelle parrocchie romane furono organizzate conferenze per la formazione dei preti, ai quali fu imposto di indossare la tonaca, di visitare i malati e i poveri e di insegnare il catechismo ai bambini. Alcuni servizi svolti dalla Curia, noti per gli abusi commessi. Furono passati al vaglio per evitare la simonia e la vendita degli incarichi. «Spetta a noi, luce del mondo e sale della terra», disse, «illuminare gli spiriti, animare i cuori attraverso l’esempio della nostra santità e delle nostre virtù», queste sono le parole che san Pio V pronunciò durante il primo concistoro dopo la sua elezione e riassumono egregiamente il piano programmatico del suo pontificato.

La restaurazione cattolica venne fondata su due pilastri: una solida base teologica ed un clero esemplare. Questa sarebbe stata la risposta all’onda scismatica e lacerante degli eretici luterani, calvinisti, zwingliani, anglicani.

Lo storico Roberto de Mattei, nella biografia Pio V. Storia di un Papa Santo (Lindau, Torino 2021), ha scritto: «Quella che viene definita Riforma protestante fu in realtà una rivoluzione, e quindi una pseudo-riforma. La Chiesa cattolica oppose a questa rivoluzione un vasto movimento di carattere religioso, politico, culturale e artistico. A questa reazione cattolica la storiografia protestante e liberale ha dato il nome di Contro-Riforma, per connotarla come un movimento senz’anima, puramente repressivo. Però il termine di Contro-Riforma, come quello di Medioevo, ha perso oggi ogni forma di accezione negativa e può essere tranquillamente utilizzato per indicare l’autentica Riforma cattolica del XVI secolo» (pp. 33-34).

È indubbio che l’opera di Riforma di san Pio V è stata dirimente non solo per i pochi, ma esaustivi e fruttuosi, anni del suo pontificato, ma anche per i secoli a venire, compresa la grande Riforma della Chiesa realizzata da san Pio X (1835-1914), che contrastò e condannò la nuova e devastante eresia: il modernismo, che definì «lo scolo di tutte le eresie». Ed oggi, nonostante la rivoluzione del Concilio Vaticano II e le sue derive, continua ad essere una stella polare di chiarezza e di efficienza.

(1-continua)

 

Immagine della copertina dell’articolo:

Giovanni Gasparro, particolare dell’opera:  San Pio V e San Carlo Borromeo difendono il Cattolicesimo dall’Islam e dall’eresia protestante, Olio su tela, 220 X 160 cm, 2017. Adelfia (Bari), Collezione privata. Image copyright © Archivio Luciano e Marco Pedicini

 

 

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