La basilica di San Saba e le sue tracce medioevali

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La basilica di San Saba, splendido esempio di architettura romanica, era uno dei monasteri medioevali più importanti di Roma. Sorge nel rione San Saba (alla Basilica deve il toponimo), un luogo silenzioso e pieno di fascino, tra i colli Aventino e Celio a Roma.

La data di fondazione viene datata intorno alla metà del VII secolo, è stata edificata sulle rovine della casa/oratorio appartenuta, secondo la tradizione, alla famiglia materna del pontefice Gregorio magno.

Il primitivo monastero fu costituito da un gruppo di monaci basiliani provenienti dalla comunità fondata da San Saba, monaco di Cappadocia e capo del monachesimo orientale, provenienti dalla Giudea.

Rimase loro patrimonio fino all’XI secolo, data dello scisma d’oriente, in seguito la proprietà passò ai frati Benedettini, che costruirono la prima chiesa al di sopra dell’oratorio. Nel 1145, quando la proprietà fu concessa ai monaci di Cluny, venne modificata la vecchia pianta a navata unica e si edificò un edificio a pianta basilicale a tre navate concluse da tre absidi, come le grandi chiese paleocristiane.

In seguito vi si avvicendarono i monaci Cistercensi e i Canonici regolari fino al 1573, per poi passare al Collegio germanico-ungarico, retto dai Gesuiti, ai quali tuttora è affidata la parrocchia.

La chiesa conserva ancora significative tracce del periodo medioevale, che, per quanto frammentarie, compromesse dai secoli o addirittura decontestualizzate, possono testimoniare l’atmosfera ricca di bellezza e di sacralità di cui doveva essere pregna.

Oltre quello che rimane dei bellissimi affreschi del XIII secolo e dei frammenti degli affreschi del X secolo, quello che maggiormente colpisce è la presenza di tanti elementi cosmateschi: un bellissimo pavimento caratterizzato dai classici disegni geometrici e da cinque grandi dischi di marmi diversi; il bel portale d’ingresso, dove si legge, oltre alla dedica al Pontefice, anche la firma di Jacopo, figlio di Lorenzo e padre di Cosma (una delle più prestigiose famiglie di marmorari che operarono nel Lazio, i Cosmati appunto).

Nello stesso stile, al centro dell’abside centrale, si trova la cattedra episcopale in marmo, sormontata da un grande disco evocante il nimbo e quindi la santità, con all’interno una croce palmata; nonché due magnifiche strutture, stranamente addossate alla parete di destra della chiesa, costituite da plutei ornati con inserti in porfido e serpentino e da colonnine tortili, incastonate di motivi a stelle e rombi con tessere d’oro, rosse e blu.

Lo sguardo si posa da uno all’altro di questi elementi, attirato dal brillio dell’oro e dalla ricchezza e raffinatezza di queste geometrie policrome.

Si resta affascinati dall’eleganza di queste opere, così essenziali, colte, piene di senso del divino e di grazia, tanto da restituire a questi elementi, a se stanti e poco dialoganti con il contesto generale, la dignità e la funzione dell’opera d’arte sacra, in grado di rendere mistico, religioso e contemplativo il suo spazio.

 

 

 

 

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