Editoriale “Radicati nella fede” – Anno II n° 11 – Novembre 2009
I primi due peccati contro lo Spirito Santo sono così definiti dal Catechismo:
– Disperazione della salvezza
– Presunzione di salvarsi senza merito
Ripetiamo spesso alla nostra mente questi due estremi, entrambi negativi, che portano all’errore: … disperare … presumere.
Sono i due estremi da evitare e per questo dobbiamo domandare la grazia a Dio e da parte nostra vigilare. Lo dobbiamo fare pensando alla nostra vita e lo dobbiamo fare pensando all’anima dei nostri cari defunti.
Sì, anche pensando a loro, dobbiamo evitare questi due estremi.
Disperare per la loro salvezza è sbagliato, è come non credere alla potenza della grazia di Dio, alla potenza della misericordia di Nostro Signore Gesù Cristo che ci parla dalla Croce.
Sappiamo con certezza che Dio vuole salvarci, che il suo Figlio Unigenito, Nostro Signore Gesù Cristo, per questo è venuto nel mondo, è nato a Betlemme, è salito al Calvario, è morto in Croce, è disceso agl’inferi ed è risorto: per liberare le anime dal peccato e dalla morte.
Per questo non possiamo disperare della Salvezza, né per noi né per le anime dei nostri cari defunti. E quando ci assalisse la demoniaca tentazione della disperazione, ripetiamo con San Paolo: «Dilexit me… Mi ha amato e ha dato se stesso per me!».
Ma attenti carissimi, c’è in giro un pensiero non cattolico, che è entrato nella mente e nel cuore di tanti cristiani, a volte anche sacerdoti, che fa pensare alla salvezza come automatica. Sembra di sentirli i tanti che dicono: «Il Signore ha già salvato tutti, stai sereno…». Questa non è speranza cristiana, questo è un addormentare le coscienze e rendere ridicola la salvezza: e quando rendi ridicolo il Cristianesimo con qualche riduzione, lo fai morire nel cuore di chi ti ascolta.
Di fronte a questa “faciloneria” nel parlare della salvezza di Cristo, ricordiamo il secondo pericolo: – presumere di salvarsi senza merito.
È vero, Nostro Signore vuole salvarti, ma non lo farà senza di te. Devi corrispondere alla grazia che Lui ti dona dalla Croce e da tutti i Sacramenti.
Questo è vero anche per tutti i nostri cari defunti.
All’inizio di Novembre, dopo Ognissanti, faremo la commemorazione di tutti i fedeli defunti: che senso avrebbe pregare per loro se la salvezza fosse automatica e già data?
Sarà capitato anche a voi di assistere a certi funerali, fatti tutti di lodi sperticate per il morto. Incentrati tutti sul ricordo del defunto, con un proclama finale della salvezza per lui già avvenuta: «Lui ora ci guarda dal cielo…», per finire magari – lo vediamo spesso nei funerali dei VIP – con uno scrosciante applauso finale, non si sa rallegrandosi o congratulandosi per che cosa.
Origene di Alessandria (185-254), sostenitore dell’eretica Apocastasi,
vale da dire della salvezza di tutti e dell’Inferno vuoto
«… ora ci guarda dal cielo…»: ma allora perché sei lì con la Chiesa a pregare per la sua anima, se lui è già a posto?
Perdonate, non si vuole qui ironizzare sul dolore dei parenti, che hanno piacere di sentire una parola sul loro caro e cercano una giusta consolazione sperando nella bontà di Dio. Si vuole solo dire che, anche nel funerale, questo ricordo (quello del defunto) non è il centro della preghiera cristiana.
Il centro della preghiera cristiana è invece un vero suffragio: nella Comunione dei Santi la Chiesa prega veramente per le anime dei defunti, perché il cammino per andare in Cielo è normalmente lungo e ci vuole una vera purificazione per entrarvi.
Per questo la Chiesa, il cristiano pregano per le anime del Purgatorio: loro non possono più meritare da se stesse perché è terminato il corso della loro vita terrena, ma attendono le nostre preghiere e particolarmente la grande preghiera del Santo Sacrificio della Messa.
Così il cristiano prega per i defunti, oltre che per i vivi, offre per loro i propri sacrifici, le opere di misericordia, perché purificati giungano presto in Paradiso.
Se non fosse così, perché la Chiesa da sempre ha celebrato le messe per i fedeli defunti?
In verità, qua o là, si assiste ad una certa trascuratezza anche in questo da parte dei fedeli. Non si fa celebrare la Messa per far vedere che ci ricordiamo di loro, perché il nome del parente defunto sia esposto così che tutti vedano e basta, quasi che sia l’ennesima attenzione di lode alla persona. Si fa celebrare la Messa perché il Sangue di Cristo liberi la sua anima.
Non c’è carità più grande che il far celebrare la Messa per le anime dei nostri cari defunti, ricordando anche le anime più abbandonate.
E non è uno spettacolo, ma una cosa di sostanza.
Perdonate questi appunti sparsi, a mo’ di chiacchierata, ma è solo per ribadire due punti chiari:
– non ci si salva senza meriti
– nella Comunione dei Santi, la bontà di Dio ci permette di poter meritare per i nostri cari defunti.
Se ricorderemo questo, saremo più vigilanti ed eviteremo quella trascuratezza mortale della vita cristiana che si fonda sull’effimera moda di un “Santo Subito” per tutti.