Il Duomo di Pietrasanta, quando il marmo custodisce l’ “anima”

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Pietrasanta è una bella cittadina in Versilia, è situata in una posizione strategica a poca distanza da Lucca, Firenze, Pisa, Genova, sullo sfondo ha la catena delle alpi Apuane ed è distante una manciata di chilometri dal mare. Questo piccolo centro è famoso per il rapporto antico con il marmo e quasi intrinseco con la scultura. Il centro storico sembra essere un museo a cielo aperto, sculture si incontrano un po’ ovunque, soprattutto realizzate in marmo, il marmo bianco delle cave di queste zone che Michelangelo sceglieva personalmente per i suoi capolavori, una targa affissa sul palazzo di fronte al Duomo, nella piazza centrale, ricorda il soggiorno del grande artista.

La scultura monocroma in marmo è sempre stata presente nell’arte sacra, magnifici capolavori splendono di questa materia che la maestria di scultori di tutte le epoche hanno fatto nascere e vibrare a colpi di scalpello. Oggi l’apporto della tecnologia e l’uso di bracci meccanici consente di abbreviare e di alleggerire il lavoro di sgrosso che anticamente doveva essere fatto da squadre di uomini, ma purtroppo questa arte antica rischia di vacillare con l’estinzione delle vecchie maestranze che per secoli hanno lavorato a stretto contatto con gli artisti e che spesso hanno interpretato, nel linguaggio di questa materia, i loro progetti.

Anche la scultura in marmo, come altre forme d’arte in cui l’artista si confronta con il lavoro artigianale per la realizzazione, rischia di soffrire e deperire con l’estinzione delle botteghe, e di essere soppiantata da una produzione di massa quasi totalmente computerizzata, che nella sua lucida “perfezione” è spaventosamente senza anima. Di questo quasi inesorabile declino Pietrasanta è testimone da qualche decennio, con lo spopolamento nel centro storico di molte botteghe artigianali di lavorazione del marmo che rendevano peculiare il carattere di questa città.

Le sue strade però conservano vivide testimonianze della storia di relazione con il marmo, nelle opere degli artisti che l’hanno scelta come città d’adozione e nei capolavori architettonici che stupisce di trovare in un comune così piccolo; in una targa si legge un brano di una lettera di Carducci, nativo di Pietrasanta: «bellissima cittadina, con piazza unica, una cattedrale da grande città».

Il Duomo trecentesco, dall’architettura romanico-rinascimentale, è infatti un capolavoro, dalla facciata in marmo bianco impreziosita da bassorilievi al bel rosone finemente decorato. Opere in marmo hanno arricchito nei secoli anche l’interno, il pulpito è il lavoro più pregevole: poggia su un piedistallo opera di Lorenzo Stagi (1504), mentre la tazza esagonale con sculture in altorilievo è di Donato Benti (1508) e la scala, finemente scolpita, di Andrea Baratta (1696). Questi tre artisti hanno dato vita ad un’opera composita portata a termine in quasi due secoli.

Questo pulpito non è tra quelli più celeberrimi della storia dell’arte, ma è esempio di grande maestria e del felice connubio tra arte e artigianato; la scala infatti è realizzata scavando un unico blocco di marmo. La Bellezza qui è sapienza, capacità, tempo, forza, un impegno notevole per rendere il marmo un incanto di forme, una ricchezza di decorazioni, un lavoro ingegnoso con soluzioni architettoniche ardite.

Pietrasanta con la sua tradizione ci parla dell’arte della scultura, della storia di un lavoro duro, faticoso che ha prodotto opere d’arte da sempre, e che ha, ora più che mai, bisogno di artigiani, di botteghe, di squadre di uomini che lavorino senza scorciatoie e senza risparmio per dare vita ad opere immortali.

La scultura in marmo è un’arte da preservare o, forse, da salvare.

 

 

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