Avere tolto la “nozione di Dio” ai nostri piccoli è un delitto imperdonabile

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Non si è estinta la ricerca del senso della vita nel cuore dell’uomo. Delusi dalle prospettive che offre il mondo, turbati dal nulla che offre la vita senza Dio, non sono poche le persone che bussano alle porte dei conventi e dei monasteri per chiedere di entrare nella vita religiosa. Sono attratte da Dio, dalla preghiera, dal bisogno di colmare il vuoto della propria esistenza. Non solo alle porte dei monasteri; succede che se non chiedono tutti di diventare frati o preti o monaci o suore, molti desiderano affidarsi a qualcuno di “esperto” per essere guidati nella via della preghiera e dell’incontro con Dio.

Questo di per sé sarebbe un dato positivo, di cui rallegrarsi. Ma c’è qualcosa che non va, perché poi molte di queste persone, dopo poco tempo, si ritirano, oppure di fatto non iniziano nemmeno alcun percorso formativo, arrestandosi alle prime difficoltà.

Mi diceva un abate trappista che alla Trappa ricevono molte richieste per entrare in monastero, alcuni anche sacerdoti diocesani; molti di questi, quando accolti, partono bene, pieni di entusiasmo, ma dopo poco tempo dimostrano di non saper reggere il ritmo della vita religiosa, e tornano indietro.

Analizzando la tipologia delle persone che chiedono di entrare nella vita religiosa, è da notare che non c’è più, o quasi più, la figura del giovane che, educato cristianamente in una famiglia normale (padre, madre, fratelli e sorelle), matura la vocazione e, dopo un discernimento fatto nel proprio ambiente magari col parroco o col sacerdote di riferimento, entra nella vita religiosa o sacerdotale. Ora vanno a bussare alla porta dei monasteri persone di oltre quarant’anni che hanno avuto una vita sregolata e piena di errori, con esperienze varie, con convivenze, mogli o ex-mogli, magari figli, che si sono convertiti e che sentono il desiderio di dare a Dio il resto della vita in romitori o clausure. Queste persone hanno però in genere già l’idea di cosa dover fare: desiderano trovare la pace interiore attraverso le forme di preghiera che hanno conosciuto superficialmente e non sono disposte a mutare, non hanno l’idea di che cosa significhi l’obbedienza religiosa, giudicano ogni cosa dal loro punto di vista e, di solito, non tardano a criticare la comunità che li accoglie giudicandola troppo rilassata o lontano dall’ideale del Fondatore. Di qui si capisce come la vita religiosa non possa essere per loro di aiuto, e che, al contrario, sarebbe un danno se la vita del monastero si dovesse adattare volta per volta alle esigenze di queste persone. In sostanza, non solo manca la buona volontà di cambiare mentalità, per entrare nella vita religiosa, ma è crollata la formazione di base, quella che portava nei Seminari e nei noviziati dei giovani già pronti alla vita in comune, pronti alla pazienza, abituati al sacrificio. Avevano imparato queste cose in famiglia, erano stati lontani, in linea di massima, dal mondo inquinante, e per loro non era difficile inserirsi nell’ambiente nel quale la voce del Signore li aveva chiamati.

Latitano le famiglie cristiane, questo è il problema. Il Cardinale Carlo Caffarra, quando fu nominato direttore dell’Istituto per le famiglie Giovanni Paolo II, scrisse una lettera a Lucia di Fatima, allora vivente nel monastero carmelitano di Coimbra, ed ella le rispose che l’attacco finale di Satana sarebbe stato proprio contro le famiglie, ma che il monsignore (allora non era ancora Cardinale) stesse tranquillo e lavorasse in pace, perché la Vergine Maria aveva già sconfitto Satana e teneva il suo piede vergine sulla testa del serpente.

Un esempio di famiglia integra e cristiana è quella delle meravigliose figure di Sergio Bernardini (1882-1966) e della moglie Domenica (1889-1971), della provincia di Modena, ora Venerabili. Impostarono la loro vita semplice e povera sui valori cristiani, sulla laboriosità, sull’onestà, sulla vita cristiana vissuta in casa, nell’esercizio dei propri doveri. Ebbero dieci figli; di questi, otto furono religiosi (due padri cappuccini e sei suore), ma più che questo fiorire di vocazioni ci preme sottolineare la vita cristiana che zampillava esuberante da questi ceppi sani. Genitori cattolici, umili e popolani, formavano persone capaci di vivere, persone con i famosi “valori”. «Come vorrei avere un figlio santo da altare», disse un giorno la mamma Domenica. Per lei la cosa migliore da augurare ad un figlio non era la laurea, la carriera, la posizione sociale, ma la santità. Poi sugli altari non ci sono finiti i figli, ma lei.

Recentemente ho incontrato una comunità di giovani suore, che curano le attività liturgiche del santuario di Fontanelle a Montichiari (dove avvenne la famosa apparizione di Maria Santissima «Rosa Mistica») che organizzano incontri e campi estivi per ragazze e bambine, a iniziare dai sei anni. «Occorre iniziare presto», dice una di queste brave formatrici, «perché i bambini hanno una percezione del sacro e del bello che noi non immaginiamo». Questa giovane comunità è una vera consolazione nel panorama attuale: sono giovani suore attive e dinamiche, piene di fede e buone opere, che desiderano comunicare la vita divina alle giovani generazioni, formandole fin da subito alla vita cristiana autentica. I risultati che ottengono sono eccellenti: dopo questi corsi estivi tengono i contatti con le ragazze, le educano alla preghiera, alla perseveranza, alla purezza, alla verità del Vangelo. È da credere che da queste ragazze poi sorgeranno delle vocazioni, perché Dio continua ad essere attraente, come dicevo all’inizio dell’articolo, ma la vita monastica attecchisce facilmente quando il terreno è già preparato.

Che dire, dovremo allora respingere o bocciare coloro che, dopo i quarant’anni sentono sinceramente l’appello alla vita spirituale? No di certo, il Signore può operare prodigi di santità come vuole, secondo la sua volontà; dico solo che bisogna porre la nostra attenzione alla formazione spirituale delle famiglie e dei bambini, tenendoli lontani dai veleni proposti dal mondo, nella misura del possibile, e non scoraggiarsi se non si vedono risultati immediati. I risultati ci sono se si lavora bene fin dall’inizio, perché noi uomini siamo fatti da Dio e per Dio, portiamo tutti in noi i germi e il desiderio di felicità, di infinito. Avere tolto la “nozione di Dio” ai nostri piccoli è un delitto imperdonabile. Sentir dire: «quando saranno grandi sceglieranno loro se credere o meno» significa indirizzare i piccoli al nulla, alla vertigine del vuoto, laddove il nichilismo miete vittime e rovina le anime.

Satana attacca le famiglie, dice suor Lucia di Fatima. Allora difendiamole, apprezziamole, aiutiamole, non soltanto con corsi di formazione, ma incoraggiando i genitori a pregare insieme in famiglia, a proporsi come modello di vita e di preghiera, educando i figli al sacrificio, alla carità, al bene, parlando loro della vita eterna e del pericolo costituito dai peccati proposti nel mondo come atti leciti o indifferenti, dimostrando loro che per papà e mamma Dio è realmente ed effettivamente al primo posto; non i soldi in banca o l’eccellenza della vita sociale. Allora essi risponderanno alla voce di Cristo, perché il seme della divina presenza sarà stato seminato in loro. Lo faranno come e quando il Signore vorrà, ma lo faranno. La testa di Satana, serpente antico, è lì, schiacciata e vinta dal calcagno della Vergine Maria. Crediamoci.

 

 

 

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