Augusto Czartoryski, il Principe polacco che incontrò Don Bosco

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In conspéctu divinæ maiestátis tuæ

Il Beato Principe August Franciszek Maria Anna Józef Kajetan Czartoryski, II duca di Vista Alegre, nacque a Parigi il 2 agosto 1858. Apparteneva ad una celebre e antica famiglia della szlachta, l’alta nobiltà polacca: suo padre era il principe Władysław Czartoryski e suo nonno lo statista principe Adam Jerzy Czartoryski, entrambi esiliati in Francia dopo la storica «Rivolta di novembre», della quale il nonno era stato l’anima. Da tre decenni, infatti, la famiglia Czartoryski era stata esiliata in Francia poiché questa dinastia si adoperava, tra i connazionali e presso le cancellerie di tutta Europa, a restaurare l’unità della patria, che dal 1795 era stata smembrata fra le grandi potenze vicine.

Primogenito della famiglia, Augusto divenne punto di riferimento per tutti coloro che sognavano la rinascita dell’unità territoriale polacca. Sua madre era María Amparo Muñoz, I contessa di Vista Alegre, figlia della Regina Maria Cristina di Spagna e del suo secondo marito Augustín Fernández Muñoz, duca de Riansares. A sei anni Augusto rimase orfano di madre, colpita dalla tubercolosi, che trasmise al figlio; per salvarlo venne consigliato al padre di portarlo per qualche anno in montagna, così il principino trascorse sette anni in Galizia per ancora peregrinare, per cure climatiche, al Cairo, in Svizzera, a San Remo, in Savoia. Migliorò molto, ma non guarì.

Si impegnò negli studi e in varie discipline idonee al suo rango: lingue moderne, letteratura, filosofia, musica, ginnastica, scherma, equitazione, pattinaggio… e massimi voti ottenne alla licenza del Liceo «Carlo Magno» di Parigi.

La vita mondana gli era ostile e all’età di vent’anni scriveva al padre di essere stanco e angustiato dei divertimenti inutili e di dover fare conoscenze continue in tanti banchetti. Su di lui ebbe molto ascendente il suo precettore, San Giuseppe Kalinowski, reduce di dieci anni di lavori forzati in Siberia. Ma rimase anche attratto dall’esempio di San Luigi Gonzaga e del suo compatriota San Stanislao Kostka, del quale usava ripetere la locuzione: «Ad maiora natus sum». Quando Kalinowski decise di entrare nell’Ordine dei Carmelitani, anche il giovane principe sentì la vocazione di consacrarsi a Dio e nella Pasqua del 1875 seguì i suoi primi Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola. Tuttavia dovette lottare molto e duramente per realizzare il suo sogno.

Il padre voleva fare del figlio un uomo di governo e cercava di assicurare alla dinastia una successione, perciò richiamò energicamente il ventenne Principe alla cura degli interessi della famiglia e dello Stato, investendolo dei diritti del maggiorascato, prospettandogli le aspirazioni di aristocratiche famiglie ad imparentarsi con il loro casato: «Tu conduci una vita da monaco non quella che si addice ad un giovane della tua età. Ricordati che la tua condizione ti impone dei doveri a cui non potrai sottrarti» (Per la via della gloria, in «Bollettino Salesiano», Anno LXV, n. 7, 1° luglio 1941 – XIX, p. 146).

Quando Kalinowski si fece carmelitano, venne scelto Don Stanislao Kubowicz come precettore di Augusto, il quale fu anch’egli di grande aiuto nel cammino spirituale dell’allievo. Folgorante e decisivo fu però l’incontro con San Giovanni Bosco. La fama della sua santità aveva ormai invaso la Francia, perciò la Principessa Margherita d’Orléans, sposa in seconde nozze del Principe Ladislao, invitò Don Bosco a celebrare una Santa Messa il 18 maggio 1883, a palazzo Lambert, nella cappella di famiglia. Sette principi lo accolsero e tutti, compreso il Conte di Parigi, ricevettero dalle sue mani la Santa Comunione. Servirono all’altare il Principe padre e suo figlio Augusto. Al servizio all’altare, con suo padre, c’era proprio lui, Augusto Czartoryski di 25 anni. Quel giorno Don Bosco gli rivelò che era da molto tempo che desiderava fare la sua conoscenza e proprio da quel giorno il Principe gli affidò la sua anima e il suo futuro.

Inizia allora un fecondo carteggio fra i due, mentre la vocazione di Augusto bussa sempre più forte. Ormai è disposto a fronteggiare le ostilità della famiglia, incredula di fronte a quella scelta che la priva dell’erede, e a rinunciare a tutti i suoi beni. Tuttavia Don Bosco nutre gravi riserve: come era possibile contrariare le giuste aspettative del padre e della famiglia senza andare contro la volontà di Dio? I suoi consigli, dunque, virano verso l’obbedienza che Augusto deve al Principe Ladislao, occupandosi degli interessi familiari e della sua patria. Ma l’anima di Augusto ribolle d’amore per Nostro Signore, che continua a chiamarlo, per questo decide di andare a Torino a parlare direttamente con Don Bosco.

Da uno diventano più viaggi; prende parte a diversi corsi di Esercizi Spirituali diretti dal Santo e, proprio a motivo dei suoi frequenti soggiorni torinesi, abita all’interno dell’Oratorio di Valdocco, dove, con gioia, Augusto rinuncia a tutte le sue comodità. La questione si fa sempre più seria e intricata. Il padre decide di andare Valdocco per osservare da vicino il sistema pedagogico di Don Bosco e, in sua presenza, il santo sacerdote suggerisce ancora il figlio di assecondare i desideri della sua stirpe, votata al bene della Polonia. Tuttavia, questa volta, fa un monito: «Credo però che se la volontà di Dio fosse evidentemente contraria a quella vostra Eccellenza, ella si dovrebbe uniformare ai disegni del Signore. La volontà di Dio allora si fece tanto evidente che, pur sforzandosi Augusto di fare il principe, anche i parenti si accorsero che gli costava troppo. Nei circoli politici si fece più sensibile l’ostilità alle sue inclinazioni religiose: pareva una pazzia che un candidato alla corona di Polonia aspirasse a farsi frate» (ivi, p. 147).

Il dramma familiare si stata consumando in un privato e pubblico dolore. Augusto torna nuovamente da Don Bosco per chiedergli formalmente che cosa voglia il Signore da lui e questi cede di fronte all’insistenza che comprende non essere più del Principe polacco, ma di Dio. Perciò gli propone di entrare fra i Gesuiti o fra i Carmelitani. Ma Augusto vuole appartenere ai Salesiani e resta profondamente addolorato quando si sente dire che la Congregazione salesiana non fa per lui… l’alto lignaggio e le abitudini possono creare problemi al giovane nell’adattamento all’austera vita salesiana, così come la sua presenza può turbare la stessa Congregazione…

Non resta che un appello al Sommo Pontefice. Augusto Czartoryski chiede perciò un’udienza a Leone XIII. Il colloquio si svolge amabilmente: dopo aver ascoltato il giovane Principe (alla domanda del Papa «Conoscete voi Don Bosco?», egli rispose: «Oh come lo conosco, Santità! Il mio cuore è tutto per lui e per la sua Società dal giorno che lo vidi per la prima volta a Parigi», ivi, p. 148), il Santo Padre dichiara: «Andate quindi da Don Bosco, o caro figliolo. Sì, sì, andateci, e diventerete un santo» (ibidem). Di fronte alle parole del Papa, Don Bosco fuga le sue reticenze e la sua intenzione nel provare l’ardore del suo figlio spirituale: «Ebbene, mio caro, vi accetto. Da quest’istante voi farete parte della nostra Società, e desidero che vi apparteniate sino alla morte. Il povero Don Bosco morirà ben presto; ma se il suo successore volesse allontanarvi per qualunque motivo senza che voi lo vogliate, basterà che gli diciate esser volontà di Don Bosco che voi rimaniate qui. Ho voluto mettere alla prova la vostra costanza: ora sono fortunato di dirvi che voi sarete nostro, e lo sarete fino alla morte» (ibidem). Era il 17 giugno 1887.

Alla fine del mese Augusto si trasferisce all’Istituto Salesiano di San Benigno Canavese per il periodo di aspirantato, poi inizia il noviziato in quello stesso anno a Torino, sotto la guida di Don Giulio Barberis. Il 24 novembre 1887 riceve la talare da Don Bosco nella Basilica di Maria Ausiliatrice. Fu la penultima funzione solenne celebrata da Don Bosco nella Basilica da lui fatta edificare su precise indicazioni della Madonna. San Luigi Orione è testimone della sua vestizione religiosa. «Quando Don Bosco era ancora in vita assistetti alla vestizione clericale di un giovane Principe Polacco, del quale oggi è in corso la causa di beatificazione. È questi il Principe Augusto Czartoryski» (Buona notte del 23 aprile 1939).

Dalla Polonia, nella speranza di poter ancora distogliere Augusto dalla sua vocazione, erano giunti suo padre con la consorte e i suoi due fratellastri, una zia e il medico di famiglia. Quella sera il novello chierico fu consolato da Don Bosco: «Oggi abbiamo riportato una bella vittoria. Verrà giorno che voi sarete sacerdote e per volontà di Dio farete molto bene alla Polonia» (ivi, p. 149).

Il fondatore dei Salesiani spira due mesi dopo e sulla sua tomba, a Valsalice, il 2 ottobre 1888 si consacra a Dio con i santi voti religiosi. Proprio a Valsalice fa conoscenza del Venerabile Andrea Beltrami, con il quale stabilisce una solida intesa, tanto che sarà Don Beltrami a fargli da angelo custode sia a Valsalice sia nelle altre località dove il malato Principe salesiano soggiornerà. Don Beltrami contraerà la tubercolosi. Scriverà lui stesso alla madre: «La zia mi dice: – So purtroppo il tuo stato di salute – Quel ‘purtroppo’ indica una disgrazia. Quanto s’inganna. Questa malattia l’ho chiesta io al Signore. Propriamente non ho chiesto la malattia, ma di soffrire e molto. E Dio mi ha mandato questo male… Non voglio guarire. E’ la pazzia della Croce. Vedremo nell’eternità chi avrà avuto ragione» (Paolo Risso, santiebeati.it).

Il Beato Augusto e il Venerabile Andrea, che sacrificò la sua vita accanto all’amico in Cristo, «sono i due grandi modelli della perfezione della rinunzia e della sofferenza secondo lo spirito salesiano: due anime gemelle che proiettano la luce del Tabor e del Calvario – luce di vita interiore, di unione con Dio, di contemplazione e di immolazione – sui chiassosi Oratori, sulle pulsanti officine, sulle numerose scuole d’ogni grado, sulla complessa intensa attività dell’apostolato della Famiglia salesiana, fecondando i solchi sudati dai confratelli di lavoro» (ivi, p. 150).

Intanto viene mandato a Torino il medico di fiducia dei Czartoryski con l’ordine del Consiglio di famiglia di ricondurre Augusto in patria, ma egli è irremovibile: «Il Religioso deve morire in religione» (ibidem, p. 149). Allora parte per Torino nuovamente suo padre, che non demorde. Don Michele Rua, successore di Don Bosco, temendo brutte complicazioni, fa intendere al chierico di sentirsi pienamente libero di tornare in famiglia e con la fermezza di un principe cristiano si sente rispondere: «Se lei, per far piacere a mio padre, volesse farmi uscire dalla Società Salesiana, sappia che io mi servirò dell’autorità di Don Bosco e non partirò» (ibidem). Non ottenendo nulla, il padre si rivolse quindi alla Santa Sede, ma il figlio si batté come un mite leone ottenendo l’appoggio del Cardinale Lucido Maria Parocchi.

A motivo della tubercolosi, che aveva minato per sempre la sua salute, Augusto viene invitato a proseguire gli studi teologici in Liguria e il 2 aprile 1892 è ordinato sacerdote a San Remo dal Vescovo di Ventimiglia, il Beato Monsignor Tommaso Reggio. All’evento nessun membro della famiglia Czartoryski partecipa, ma il 3 maggio, festa nazionale dei polacchi, don Augusto ha la gioia di rivederla a Mentone e celebra per essa una Santa Messa.

Il sacerdote salesiano Don Augusto, che aveva fatto scrivere sul retro dell’immaginetta del suo primo Santo Sacrificio dell’altare: «Per me un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove. Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi» (Salmo 83), ha ormai raggiunto serenamente il suo porto, come bene spiega Giovanni Cagliero, primo Vescovo e Cardinale dei Salesiani: «Egli non era più di questo mondo! La sua unione con Dio, la conformità perfetta al divino volere nell’aggravata infermità, il desiderio di uniformarsi a Gesù Cristo nei patimenti e nelle afflizioni, lo rendevano eroico nella pazienza, calmo nello spirito, e invitto, più che nel dolore, nell’amore di Dio» (in: vatican.va).

È la sera dell’8 aprile 1893, sabato dell’Ottava di Pasqua: è seduto sul seggiolone che fu di Don Bosco e qui esala il suo ultimo respiro. Pochi giorni innanzi, il lunedì dell’Angelo, aveva esclamato con un suo confratello: «Che bella Pasqua!».

La sua salma viene trasportata in Polonia per essere tumulata nella tomba di famiglia, nella cripta parrocchiale di Sieniawa, luogo dove aveva ricevuto la sua prima Comunione. Successivamente i suoi resti sono stati traslati nella chiesa salesiana di Przemysl, dove tuttora è oggetto di grande venerazione.

La Diocesi di Albenga istruì il processo ordinario sulla fama delle virtù di Augusto Czartoryski il 14 febbraio 1921 e il 23 marzo 1941 Pio XII approvò il processo informativo diocesano – completato a Torino, Cracovia, Madrid – sulla fama di santità di Don Augusto Czartoryski e sull’assenza di ostacoli alla procedura canonica, assumendone ufficialmente la Causa di beatificazione e canonizzazione. Riconosciuto l’esercizio eroico delle virtù cristiane, fu dichiarato Venerabile il 1° dicembre 1978 e dopo approvato un miracolo avvenuto per sua intercessione, il Papa polacco Giovanni Paolo II lo ha beatificato in San Pietro il 25 aprile 2004.

In una delle vetrate del Santuario di Maria Ausiliatrice a Torino è riprodotto il ritratto dello straordinario agli occhi di Dio e degli uomini Principe Beato.

 

Stemma della famiglia Czartoryski

 

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