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25 dicembre 1886: Conversione alla fede cattolica di Paul Claudel, poeta, drammaturgo e diplomatico francese

Il diciottenne Paul Claudel (1868-1955) passeggiando nel tardo pomeriggio del 24 dicembre 1886 accanto alle parigine acque della Senna, sente un angelico coro intento ad eseguire, per i Vespri, il Magnificat. Come magnetizzato dalla bellezza del celestiale inno, segue quelle note che lo conducono fin all’interno di Notre-Dame e allora avviene l’imprevedibile, la folgorazione, la conversione: «Stavo in piedi,», scriverà diversi anni dopo, nel 1913, quando deciderà di dare testimonianza pubblica (di un evento estremamente intimo) ad un mondo occidentale sempre più materialista, sempre più senza Dio e contro Dio, «in mezzo alla folla, accanto al secondo pilastro, all’entrata del coro. Fu allora che si produsse l’evento che domina tutta la mia vita. In un attimo il mio cuore fu toccato. Io credetti. Avevo provato improvvisamente il sentimento lacerante dell’innocenza; l’eterna infanzia di Dio. Credetti con una tale forza di adesione, con un tale innalzamento di tutto il mio essere, con una convinzione così decisa, con una certezza ricca di dubbi, che in seguito né i libri, né i ragionamenti, né le sorti di una vita agiata hanno potuto scuotere la mia fede».

Quella fede che è un dono, a cui si arriva per grazia di Dio, era arrivata grazie all’intercessione della Beata Vergine Maria al quale il piccolo Paul era stato consacrato nel giorno del suo battesimo, caduto proprio l’8 di settembre, giorno dell’Immacolata Concezione, del 1868.

Accolta la fede come regalo sublime, Claudel, che pensa in poesia, ha composto liriche cariche di conoscenza delle Sacre Scritture, dove l’amata presenza mariana è persistente, irrinunciabile, coprente ogni angolo e ogni linea. Così canta la venuta dell’Unto di Dio, che nel disegno della storia della Salvezza spaccò la storia in terra: «“È nato il divino Bambino!”. E anche voi ascoltate questo canto!/Voi, antichi, che l’Inferno ancora racchiude nella sua vasta capacità!/L’albero della vita dove nasce il frutto eterno trasale nelle sue generazioni:/Ecco il maschio mirabile che la Vergine mette nelle braccia di Simeone!/Madri e Patriarchi, gioite, antenati di Gesù Cristo!/Dall’osso che è schizzato dalle vostra ossa esce il Vendicatore di cui è scritto./[…] La terra fino al profondo Adamo trema e si apre! […]Ma già l’alba biancheggia sul deserto, di questo giorno che non finirà più,/Il punto del nostro primo giorno cristiano, l’anno Primo della grazia e della nostra salvezza!/Qui e dopo Dio è con noi per sempre./Finché noi saremo con lui, e non è la stesa cosa! Perché il proposito in noi è corto./E subito noi andiamo a compiere di nuovo il male, ma ci è dato un ricorso/A questo cuore nel Tabernacolo che è tanto debole per noi e così pieno d’amore!/[…]Io abito la gioia divina, come Giuseppe il carpentiere,/Vedendo accanto a me questo piccolo bambino, che è nostro Signore,/E Maria, nostra madre, che non dice nulla, e conserva queste cose nel suo cuore» (in Corona benignitatis anni Dei, 1909-1911).

 

 

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