La donna africana e la femminilità

Home » La donna africana e la femminilità

 

8 marzo, festa della donna? Ha proprio niente da festeggiare! Anzi…
Si guardi allo specchio la femminista e vedrà tutto quello che ha distrutto: il senso straordinario del pudore; la meraviglia della maternità vissuta in pienezza; il rapporto unico che c’è fra un uomo e una donna che si amano e vogliono costruire una famiglia, completandosi vicendevolmente, rispettando i reciproci ruoli; la dolcezza; il sorriso del candore; gli occhi innocenti; la capacità femminile di placare gli istinti irruenti; il gusto per la bellezza e la verecondia nel vestire; il rispetto fra uomo e donna, alimentando risentimento, antagonismo e odio; l’amore nell’educare i propri figli alla luce delle leggi di Dio; l’amore per la casa: rifugio e nido per tutti, compresa se stessa; l’amore per la Vita, dal suo concepimento alla sua fine terrena; la tensione per la salvezza della Vita eterna, che si prepara in questo esilio terreno. E tanto, tanto ancora…
Ebbene, dopo questo post pubblicato su facebook sul profilo di Cristina Siccardi, è arrivato un significativo racconto di Mario Dionisotti non sul femminismo, bensì sulla femminilità. Si tratta di una narrazione che rientra nella naturalità della creazione, dove il lirismo si intreccia con la bellezza e l’armonia della natura umana incontaminata dalle ideologie, abbiamo scelto di pubblicarlo per il valore intrinseco. 
 
La donna africana e la femminilità
Una grande esperienza africana, fra le altre, è stata per me la scoperta della femminilità, di quel complesso di qualità e caratteristiche fisiche, psichiche, spirituali e comportamentali che sono proprie della donna e la distinguono dall’uomo. Sì, pur avendo sempre avuto una predilezione per il gentil sesso, debbo dire di aver conosciuto proprio là, in Africa, la vera e piena femminilità. Sono certo che, se non avessi trascorso parte della mia vita in Nigeria, molto difficilmente avrei potuto conoscere la donna nella sua completa e assoluta complementarietà, rispetto all’uomo. Una esperienza esistenziale indelebile, di valore inestimabile. Proprio come avvenne per l’infanzia.
Perché l’Africa? Perché in Africa, ma anche in tanti altri luoghi, i valori umani innati e primitivi sono ancora largamente presenti. E sono appunto le virtù naturali e spontanee, quali la bontà di indole, la modestia, le generosità – qualità morali che non derivano dall’esperienza e dall’acculturazione ma che, anzi, precedono e guidano l’apprendimento – a caratterizzare gli esseri umani ancora legati, fisicamente e sentimentalmente, al loro ambiente d’origine, l’ambiente naturale.
Luoghi nei quali la natura umana, rimasta intatta, manifesta ed effonde la sua bellezza interiore, nei quali l’uomo non ha perso le proprie radici, la propria anima, il proprio essere e la sua “essenza”: ciò che una cosa, o una persona, non può non essere, se non in maniera incompiuta. Luoghi nei quali l’uomo è ancora uomo, e la donna è ancora donna.
Il più bel ricordo della donna africana l’ho avuto un pomeriggio di tanti anni fa mentre rincasavo da Jos, una città del centro Nigeria, sita su un vasto altipiano, dove mi ero recato, forse, per acquisti. Nel ritorno, viaggiando in direzione di Bauchi, cittadina di mia dimora distante centoventi chilometri da Jos, osservavo con piacere il paesaggio circostante, abituale compagno dei miei viaggi e fonte per me di gioia e distensione interiore. Proprio quella natura selvaggia che, qualcuno ebbe a definire, “ sia una condizione geografica, sia uno stato d’animo”.
Sul lato destro della strada si continuava ad aprire una savana ricca di alberi e cespugli. Un paesaggio rigoglioso durante la stagione estiva delle piogge ma parzialmente verde anche d’inverno, per la presenza di alberi a foglie non del tutto caduche. Tra la vegetazione boschiva si potevano scorgere, nella stagione invernale, qua e là, rare piante d’alto fusto dalla ramificazione scarna e piuttosto orizzontale nei cui segmenti terminali si aprivano, a forma di mano aperta, fiori stupendi di color rosso vivo. Alcuni alberelli di acacia – quelle stesse piante le cui foglioline e spine sono una ghiottoneria per i camelidi e le giraffe – sostenevano, invece, come se si trattasse di fruttificazione, innumerevoli nidi a forma di palla, nidi penduli di un uccellino un po’ più piccolo del nostro storno, dal colore giallino.
Sul lato opposto, la savana era qua e là interrotta da rilievi tondeggianti di natura rocciosa, ramificazioni estreme dell’altopiano di Jos, sui quali compariva talora qualche albero d’alto fusto isolato e coraggioso, collocato lassù dalla potenza della natura.
Poteva succedere, viaggiando, di incrociare scimmie che attraversavano velocemente la strada, per poi scomparire, dileguandosi, nella savana.
A un certo momento del viaggio rallentai, mi accostai alla boscaglia e parcheggiai l’auto sulla banchina destra, dove una giovinetta di circa quindici anni, forse di etnia “Fulani”, offriva ai viaggiatori di passaggio le sue gallinelle di campagna. I Fulani sono una popolazione nomade, che vive a sud del Sahara, allevando bestiame, talora stanziale e dedita all’agricoltura. Pur essendo di pelle nera, i Fulani hanno lineamenti intermedi tra le razze nera e bianca. I loro volti sono spesso stupendi.
Fui immediatamente colpito dalla sua innata e straordinaria bellezza, una bellezza primitiva, naturale, compiuta, in perfetta sintonia con l’ambiente circostante. Dal suo volto traspariva un’armonia di valori, estetici e spirituali. La sua semplicità ed affabilità mi conquistavano, la compostezza e la modestia mi affascinavano, la delicatezza ed il candore del suo sorriso mi rapivano.
Acquistai alcune galline e mi congedai da lei con un senso di incertezza, di difficoltà, con un velo di tristezza, come chi deve suo malgrado allontanarsi da qualche rara forma di bellezza naturale o artistica, che forse non rivedrà mai più; ma anche con un senso di gioia, per un’esperienza di godimento interiore dovuto ad un incontro dell’animo umano con la “bellezza” che, qualsiasi sia la sua origine, è – come di e Ugo Foscolo – una specie di armonia visibile che penetra soavemente nei cuori umani. Una bellezza, in questo caso specifico, del Creato, di una natura umana non ancora violata dallo stesso egoismo umano, la quale, espressione di simbiosi e sintesi tra realtà fisica e presenza spirituale qual è, appunto, la femminilità, si impone, conquista, e richiede rispetto.
Ero estasiato! Non potrò mai dimenticare quell’incontro.
Facebook
WhatsApp
Twitter
LinkedIn
Stampa
Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Mettiti in contatto con noi!

Hai delle domande o delle osservazioni da comunicarci?
Ti risponderemo il più rapidamente possibile!

Europa Cristiana

Direttore Carlo Manetti

Iscriviti alla nostra newsletter

Se ci comunichi il tuo indirizzo e-mail, riceverai la newsletter periodica che ti aggiorna sulla nostre attività!

Ogni settimana riceverai i nostri aggiornamenti e non di più.

Torna in alto