Aborto, il crimine può diventare diritto?

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«Non considerare il fatto che tu sei costretto, ma a cosa sei costretto, se al bene o al male».

Sant’Agostino

Lo scorso 24 giugno, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha riconosciuto che l’aborto non è un diritto, sovvertendo la sentenza Roe[1] contro Wade[2] del 1973. Questa sentenza, oltre a non essere in contrasto con il Diritto naturale, è anche coerente con il comune sentire della maggioranza delle giovani generazioni americane, schierate in difesa della vita umana innocente e contro l’abominevole crimine dell’aborto indotto, e «non impone il Diritto naturale, perché non impone la repressione dell’aborto, ma ha dato un bel colpo di piccone a quel muro dell’immoralità, della perversione etica, che fa del crimine un diritto e del diritto un crimine»[3]. L’aborto indotto, presentato sotto le mentite spoglie di diritto, è in realtà un crimine più grave del semplice omicidio, perché si accanisce contro la vita umana più innocente e indifesa, uccidendola con premeditazione, secondo le irrazionali e perverse logiche del volontarismo liberale che affligge l’Occidente. Tali crimini sono stati anche legalizzati o, addirittura, finanziati con risorse pubbliche dagli ordinamenti giuridici di molti Stati, attraverso delle vere e proprie finzioni giuridiche, poiché una legge che viola il Diritto naturale, come, ad esempio, la legge italiana 194 del 1978, non è una vera legge, dato che nessuna legge può autorizzare, finanziare o prescrivere un crimine.

 

 

Nei moderni Stati liberali i concetti di giustizia e di legalità sono, dunque, sempre più slegati l’uno dall’altro e, addirittura, sempre più antitetici, poiché nuove “leggi” mirano direttamente, anziché a proteggere e promuovere, a scardinare l’ordine naturale dalla società, attaccando vita, famiglia e libertà educativa. Il liberalismo per compiersi necessita il superamento di ogni limite, la radicalizzazione e l’assolutizzazione del concetto di libertà, attraverso la sottomissione della ragione alla volontà, nel vano tentativo di deformare il reale ed il vero in base ai differenti desideri umani. In ambito liberale l’egoismo umano relativizza a proprio uso e consumo ciò che è vero e ciò che è falso, il bene ed il male, così che «la volontà non deve affatto curarsi dei giudizi della ragione, essa crea il bene come la ragione fa il vero»[4]. In questo modo un crimine può essere elevato a diritto, o viceversa, a seconda dei momenti storici o delle differenti società umane. «Esso [il liberalismo] falsa le idee, corrompe i giudizi, adultera le coscienze, snerva i caratteri, accende le passioni, assoggetta i governanti, solleva i governanti e, non contento di spegnere (se ciò fosse possibile) la face della rivelazione, avanza incosciente e audace per spegnere il lume della stessa ragione naturale»[5]. Già il 5 agosto 1877 il senatore Goblet d’Aviello (1846-1925), membro del Grande Oriente del Belgio[6], parlò alla loggia degli Amici Filantropi di Bruxelles dicendo: «Dite ai neofiti che la Massoneria […] è innanzitutto una scuola di divulgazione e di perfezionamento, una sorta di laboratorio dove le grandi idee dell’epoca si organizzeranno e si affermeranno per diffondersi nel mondo profano in forma palpabile e pratica. Dite loro, in una parola, che noi siamo la filosofia del liberalismo».

 

 

 

A conferma di quanto esposto non è un caso che uno dei partiti italiani che più è rimasto scandalizzato dal fatto che la Corte Suprema degli Stati Uniti abbia affermato qualcosa di razionale, riconoscendo che l’uccisione della vita umana innocente non è un diritto, è stato proprio il partito liberale per eccellenza, che, attraverso una nota del Senatore Anna Maria Bernini (FI), ha dichiarato che l’aborto «è prima di tutto un diritto di libertà di cui le donne non possono essere private in nome di un’ideologia oscurantista fuori dal tempo. Per questo è sconcertante che questo diritto ora venga negato negli Stati Uniti, patria delle libertà. Un salto indietro che non avrà conseguenze in Italia: i diritti civili non si toccano e l’ultima parola spetta sempre alle donne, sottratte con la legge 194 alla tragedia degli aborti clandestini».

Con la legalizzazione, l’aborto si è diffuso a macchia d’olio nella società italiana a spese dei contribuenti, togliendo per legge ogni diritto al figlio nel grembo materno ed al padre, ma ascrivendo la responsabilità di questo grave crimine a tutto lo Stato. La scusa utilizzata fu quella degli aborti clandestini, che tra l’altro non sono stati eliminati, come se per debellare un illecito o un crimine sia necessario depenalizzarlo, anziché inasprire le pene previste dal Codice Penale.

La legge 194, oggi esplicitamente difesa anche da Forza Italia, è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico su iniziativa del Deputato socialista Loris Fortuna (1924-1985), con la complicità della Democrazia Cristiana, braccio politico dell’eresia modernista. La DC, che governava con il sostegno dei comunisti, non cercò lo scontro sull’aborto e, nonostante in Parlamento vi fosse una maggioranza antiabortista, considerò più grave l’apertura di una crisi di governo rispetto alla legalizzazione ed al finanziamento pubblico dell’abominevole crimine dell’aborto, circoscrivendo il vero fronte parlamentare antiabortista al solo Movimento Sociale Italiano. Anche se per instaurare questa iniqua legge non si può parlare di una reale maggioranza parlamentare, in ogni caso «la maggioranza non fa la verità, è la verità che deve fare la maggioranza»[7]. La legge 194, voluta dai movimenti libertari femministi e passata per un soffio alle Camere grazie al sostegno occulto democristiano, fu pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 22 maggio 1978 a firma di parlamentari democristiani: il Presidente della Repubblica Giovanni Leone (1908-2001), il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti (1919-2013), il Ministro della Sanità, Tina Anselmi (1927-2016), il Ministro di Grazia e Giustizia, Francesco Paolo Bonifacio (1923-1989), il Ministro del Bilancio e della Programmazione economica, Tommaso Morlino (1925-1983) ed il Ministro del Tesoro, Filippo Maria Pandolfi, per i quali sarà richiesta, anche formalmente, la scomunica, configurata negli articoli 2350 e 2209 del Codice di Diritto Canonico del 1917, allora in vigore[8]. «Andreotti non si limitò a questo: il suo governo assunse ufficialmente la responsabilità della legge di fronte alla Corte Costituzionale; infatti nell’udienza del 5 dicembre 1979, l’Avvocatura generale dello Stato, su mandato del Governo, pur avendo la possibilità di sollevare eccezioni, difese la legittimità costituzionale della legge»[9].

 

 

L’appellativo «democristiano» è, dunque, divenuto nel comune sentire un marchio non solo per definire i falsi cattolici, quelli che nella dimensione pubblica e politica alla coerenza ai principi religiosi e morali antepongono il laicismo, ovvero l’ateismo pratico, conformemente alle false dottrine emancipate anche dal Concilio Vaticano II, ma anche per definire coloro che antepongono il potere alla verità, quello che è comodo rispetto a quello che è giusto.

Come un tempo la DC è stata utilizzata per spostare il voto dei cattolici verso sinistra, anche oggi assistiamo alla tendenza a spostare, dall’interno, verso sinistra il baricentro del centrodestra italiano, con governi di unità nazionale, regioni amministrate dal centrodestra che portano avanti politiche di estrema sinistra, contro il diritto alla vita, contro la famiglia naturale e contro la libertà educativa. A questo si aggiungono le timide o contraddittorie dichiarazioni di capi ed esponenti di partito, che vanno uniformandosi all’apparente pensiero unico, anche dinanzi a svolte storiche che offrono eccezionali opportunità politiche, che le incrostazioni progressiste evidentemente non permettono di cogliere.

Una Sinistra coraggiosa, che porta avanti le proprie battaglie in modo ostinato, continuo e prepotente non potrà essere fermata da un’accozzaglia di moderati, liberali, progressisti e democristiani, continuamente trascinati verso sinistra, quando non fossero stati di sinistra ab origine. «Una volta che si è cominciato a piegarsi ai criteri della sinistra, non vi è più ragione di arrestarsi nel ripiegamento a sinistra. […] L’assurdità del gioco “destra-sinistra” sbocca, allora, nel nulla, come vi sbocca prima o poi ogni assurdità»[10].

 

 

[1] Norma Leah McCorvey (1947-2017), alias Jane Roe, attivista statunitense che mosse una sfida costituzionale contro lo Stato del Texas, che proibiva l’aborto.

[2] Henry Menasco Wade (1914-2001), avvocato che rappresentò lo stato del Texas nel processo contro Norma McCorvey.

[3] Carlo Manetti, Neanche il male è irreversibile, Editoriale del 26 giugno 2002, Europa Cristiana, https://europacristiana.com/neanche-il-male-e-irreversibile/.

[4] Ange Roussel, Libéralisme et catholicisme, Editions La Ligue Apostolique, 1926, pag. 14.

[5] Lettera pastorale dei vescovi dell’Equatore ai loro diocesani, 15 luglio 1885, citata da F. Sarda y Salvany, Le libéralisme est un péché, Nouvelle Aurore, Paris 1975, pp. 257-258.

[6] Obbedienza massonica nazionale belga fondata nel 1883.

[7] Marcel Lefebvre, Lo hanno detronizzato, dal liberalismo all’apostasia, la tragedia conciliare, Edizioni Piane, 2020, pag. 57.

[8] Cfr. Il Giornale, 25 giugno 1978.

[9] Roberto De Mattei, Il centro che ci portò a sinistra, Edizioni Fiducia, 1994, pag. 52.

[10] Jean Madiran (1920-2013), La destra e la sinistra, Fede & Cultura, 2011, pp. 50, 53.

 

 

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1 commento su “Aborto, il crimine può diventare diritto?”

  1. Tutto sacrosantamente vero, purtroppo. Votavamo DC per arginare la sinistra ed invece…
    Oltre a non fare nulla di bene, ma molto invece di male, proprio loro che sfruttavano anche la fede Cristiana Cattolica per fini elettorali e non solo, hanno tradito l’Italia è gli italiani sputando sul sangue dei tanti che per questa Patria, a torto o ragione, hanno dato la vita, hanno svenduto se stessi ed anche noi trascinandoci nella vergognosa situazione di oggi.
    Grazie Filippo Bianchi.
    Cordiali saluti Luigi Suagher.

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