La vicenda del pattugliatore Diciotti[1] della Guardia costiera sembra dare una potente accelerazione allo scontro tra l’Italia e l’Unione europea. Era prevedibile una tale contesa in sede di legge di stabilità (qui), vista la necessità di ingenti capitali da parte del governo italiano, tanto per far fronte agli impegni elettorali assunti dai partiti di maggioranza (principalmente l’abbattimento generalizzato delle imposte, detto flat tax, il superamento della legge Fornero ed il cosiddetto reddito di cittadinanza), quanto per avviare l’ambizioso programma di opere pubbliche, teso principalmente alla messa in sicurezza della nostra rete viaria e, più in generale, delle pubbliche infrastrutture; ma essa è sorta proprio su quella questione migranti, sulla quale i maggiori Paesi europei avevano assunto impegni politici a condividere lo sforzo italiano, prima nell’accoglienza e nella gestione dei clandestini e, in un secondo tempo, nella prevenzione dell’immigrazione clandestina anche con strumenti militari, quali il pattugliamento delle acque del Mediterraneo.
Il venir meno della suddetta volontà politica ed il ritorno alla strategia dell’inazione, finalizzata a far sì che dall’Africa continuino a partire centinaia di migliaia di persone e che queste debbano tutte essere accolte dall’Italia, dimostra come il contrasto tra l’Italia e l’Unione europea abbia carattere strategico e non meramente tattico.
In ossequio alla dottrina sinarchica[2], che è alla base della nascita e dello sviluppo dell’Unione europea, fin dalla scelta del cosiddetto «metodo funzionalista» del sinarchico Jean Omer Marie Gabriel Monnet (1888-1979), in luogo della via confederale e federale all’unificazione, dopo la distruzione economica della Grecia, che ha avuto la funzione di esperimento «in corpore vili», si è passati all’attuazione di tale politica nei confronti di un Paese importante, che sarebbe stato il trampolino di lancio per applicarla, poi, a tutta l’Unione; lo Stato che presentava le migliori caratteristiche e le migliori prospettive di successo per tale operazione era l’Italia, cui si potevano imputare un alto debito pubblico, una presunta incapacità competitiva ed un forte discredito popolare delle sue classi dirigenti, a partire da quella politica.
Dopo la riforma agraria (1950) voluta da Alcide de Gasperi (1881-1954), che assestò un colpo durissimo alla nostra agricoltura e preparò la Politica Agricola Comune (Pac) a livello comunitario, che ha ridotto il nostro settore primario nelle condizioni che tutti conosciamo, politica delle quote compresa, il colpo più duro all’economia del Bel Paese è stato assestato dal suo ingresso nell’euro (1 gennaio 2002), che, prescindendo da tutte le considerazioni sull’innaturalità di una moneta senza uno Stato e dalla questione del signoraggio bancario, ha rappresentato una drastica rivalutazione della nostra moneta, mentre ha rappresentato una drastica svalutazione del marco tedesco; non per nulla, la Germania, che, fino a quel momento, era in gravissima recessione, ha iniziato una rapida ripresa con surplus commerciali degni della Repubblica popolare cinese, mentre noi, fino ad allora in grande espansione economica, abbiamo conosciuto la peggiore crisi della nostra storia e, soprattutto, la più lunga nel tempo.
A far fare un ulteriore salto di qualità al programma di impoverimento degli italiani, ha pensato il Governo Monti (2011-2013), la cui opera è stata proseguita, sia pure in maniera progressivamente più blanda, dai Governi Letta (2013-2014), Renzi (2014-2016) e Gentiloni (2016-2018). Oggi, dopo la cura dei suddetti governi imposti dall’Unione europea, la situazione italiana si presenta come incompatibile con i criteri europei: alto debito pubblico e crescita economica gravissimamente insufficiente, quando non negativa, oltre ad uno scoraggiamento generale, favorito anche da un diffuso senso di insicurezza, a sua volta cresciuto dal senso di impunità e quasi di favor che le autorità pubbliche hanno concesso nei confronti della cosiddetta «piccola criminalità», le cui fila sono state pesantemente incrementate dall’incredibile accoglienza riservata a centinaia di migliaia di clandestini.
Il presente Esecutivo, frutto di risultati elettorali che hanno manifestato una grandissima insofferenza del popolo italiano nei confronti di tali politiche, insofferenza fortemente cresciuta anche dopo le elezioni del 4 marzo scorso e destinata, con ogni probabilità, a continuare a crescere, si presenta come la reazione italiana, conscia (Lega) o meno (Movimento 5 Stelle), a tali imposizioni europee. Il Governo, quindi, si è trovato e si trova a dover rilanciare l’economia, anche a costo di non rispettare gli astratti vincoli di bilancio imposti dall’Unione, ridurre drasticamente, fino a possibilmente eliminarla, l’immigrazione clandestina ed a mettere mano ad una politica di grandi opere pubbliche, che, rimandata da decenni, oggi presenta il conto in maniera ineludibile.
Su tutti questi temi, come si vede, i compiti dell’Esecutivo sono l’esatto contrario di ciò che i poteri di Bruxelles vogliono ed esigono: al di là delle forme più o meno edulcorate, lo scontro è nelle cose.
L’aver preteso, alla prima occasione, il rispetto delle politiche in tema di immigrazione cui si erano impegnati i maggiori Paesi dell’Unione, da parte del Governo Conte, ha avuto l’effetto di anticipare il suddetto scontro e rendere palese come esso sia globale, vale a dire riguardi ogni settore della vita politica interna ed internazionale dell’Italia, e non limitato a mere questioni di bilancio.
Di questo pare aver preso coscienza in maniera più rapida di quanto, lo confessiamo, ci saremmo immaginati il leader politico dei 5 Stelle, Luigi Di Maio, il quale ha legato la questione immigrazione alla questione dei contributi italiani all’Unione, portando il livello della contesa al suo apice, vale a dire mettendo, implicitamente, in discussione la stessa appartenenza italiana all’Unione stessa e, conseguentemente, alla moneta unica. Questa consapevolezza ha, però, creato una certa lacerazione in seno al Movimento, soprattutto nei confronti dell’ala più movimentista e “di sinistra”, rappresentata dal Presidente della Camera Roberto Fico. Pare evidente che la tenuta del Governo dipenderà dalla prevalenza dell’una o dell’altra anima all’interno del partito di Grillo.
La posizione del Partito Democratico appare coerente con tutta la sua storia di assoluta subordinazione ai voleri di Bruxelles: nella fusione tra ex comunisti e democristiani, questi ultimi hanno portato in dote la primogenitura nell’atteggiamento servile nei confronti della Sinarchia eurocratica.
Incomprensibile appare, invece, il comportamento del partito di Silvio Berlusconi, che sembra appiattito sulle posizioni di Bruxelles, come quando ha votato la fiducia al Governo Monti, anche in assoluto contrasto con la sua tradizionale politica sull’immigrazione, molto più vicina a quella della Lega di quanto non lo fosse a quella del Partito Democratico. Ma si tratta di un miope errore di calcolo che penseranno gli elettori a punire alla prima occasione.
Molto coerente, invece, è il comportamento di Fratelli d’Italia, che, nonostante non partecipi al Governo, appoggia totalmente la linea sovranista dell’Esecutivo.
Molto importante, ai fini della capacità del nostro Paese di resistere all’opera devastatrice di Bruxelles, è verificare quanto la Magistratura ed il Presidente della Repubblica riusciranno a comprimere i poteri del Governo e ad imporgli, contro ogni principio di diritto, una politica più consona ai desiderata dell’eurocrazia sinarchica.
[1] Pattugliatore d’altura CP941 della classe Dattilo intitolato al Maggiore Generale Ubaldo Diciotti (1878-1963), grande ammodernatore delle Capitanerie di Porto italiane; egli ottenne la Medaglia d’Argento al Valor di Marina per l’organizzazione e la difesa dei porti e delle comunicazioni, soprattutto marittime, della Tripolitania durante l’ultimo conflitto mondiale.
[2] La Sinarchia è la religione fondata da Joseph Alexandre Saint-Yves marchese d’Alveydre (1842-1909), il quale ha dato contenuti esoterici e più compiutamente religiosi alla tecnocrazia di Claude-Henri de Rouvroy conte di Saint-Simon (1760-1825).
4 commenti su “I vicepremier Salvini e Di Maio sfidano i sinarchi d’Europa”
MOLTO BENE
L’articolo sintetizza magistralmente la situazione attuale dell’Italia che si trova ad un bivio tra riprendere una doverosa ed onesta politica di difesa degli interessi del popolo italano o tornare ad una inaccettabile forma di sudditanza verso i paesi che si raccolgono attorno alla Germania. Ciò che stupisce ed amareggia è la posizione del Vaticano e di molta parte del clero. Parteggiano apertamente per un politica di accoglienza senza limiti che graverebbe su un paese stremato dalle regole imposte da Bruxelles. Questo per accogliere masse che sono e si professano in maggioranza islamiche, che aspirano a creare centri di potere attorno alle nuove moschee finanziate da quel mostro giuridico e politico che è l’Arabia Saudita, sostenitrice tra l’altro di una guerra di sterminio contro lo Yemen. La Chiesa ha sempre avuto una certa capacità di distinguere tra gli atteggiamenti politici da assumere per la conservazione della stessa Chiesa. Pare che questa capacità sia scomparsa per scegliere di votare i fedeli non al martirio per la fede ma al sacrificio nel nome di una colpevole stupidità.
Claude-Henri de Rouvroy conte di Saint-Simon si puo’ considerare il fondatore del socialismo francese e fu influenzato
nientemeno che da D’Alembert (che non fa precisamente una bella figura nel testi di Barruel autore della famosa
“Storia del giacobinismo”) e fu uno dei più stretti collaboratori di Jean Marie Arouet (non de plume Voltaire).
Joseph Alexandre Saint-Yves marchese d’Alveydre, medico e famoso occultista francese, riuscì a combinare questa sua passione esoterica con il cattolicesimo al quale rimase fedele sino alla fine. “O sei con me, o sei contro di me e non si possono servire due padroni….” dal Vangelo di Cristo. Non era di lignaggio aristocratico, ma fu insignito del suo titolo nientemeno che dalla Repubblica di San Marino (sic) per quali meriti non è precisato sapere.
Tirando le dovute somme si conclude che hanno trovato rifugio sotto l’ombrello delle massonerie, che sono sin dal principio
all’origine di ogni male sulla terra, e ora che hanno vinto, la loro arroganza è senza fine (per il momento).
Dobbiamo a questa infamità diabolica anche le migrazioni selvagge per realizzare il disegno di Coudenhove-Kalergi, appartenente agli Illuminati, e il suo aberrante progetto della Pan Europa.
Il nuovo governo si è messo contro un Golia che si può unicamente vincere se si abbandona a razzo quella compagine
che ha distrutto l’Europa che che pascola a Bruxelles. L’inizio sarà duro, ma è l’unica salvezza per l’Italia che sicuramente si riprenderebbe, ricordiamoci del famoso “Miracolo italiano” quando da un paese distrutto dopo la II G.M.tra gli anni ’50 e
’60 portò l’Italia a divenire la quarta potenze economica mondiale. Il fenomeno viene oggi studiato in varie e prestigiose università nel mondo, compresa la “very sophisticated London school of Economics ” e l’altrettanto “Kings College”.
Gli italiani sono un popolo degli estremi, dovremmo solo liberarci dei traditori nostrani, che in verità sono troppi, prostituitisi
ai cosidetti poteri forti. Buon lavoro agli uomini di buona volontà.
Il capitolo non era chiuso. Salvini è rimasto solo a combattere contro il “deep state”, che da noi ha il suo punto di forza nella magistratura. Già perché contro ogni ragionevolezza gli alleati 5stelle esibiscono ancora una fede assoluta nel ruolo salvifico della magistratura. La limitazione dei capi d’accusa che si accumulano contro Salvini è data solo dal limite della fantasia del magistrato inquirente, che poi potrebbe diventare anche magistrato giudicante, nell’allegro interscambio dei ruoli. Da noi i magistrati possono tutto. Interpretano a piacer loro la legge stravolgendola ed adattandola alla loro fede politica. Uno spacciatore che non ha altre risorse (lavorare mai!) che vendere droga (per campare!) viene assolto e fatto uscire di galera. Se un ferroviere delle Nord perde la pazienza e urla contro gli zingari, dediti al loro mestiere: il furto con destrezza, rischia il licenziamento. In rete abbiamo visto la tecnica con cui su un treno un gruppo di zingare ha rubato un portafoglio con 14 mila euro. I magistrati possono anche candidarsi alle elezioni politiche senza attendere troppo. Ma qualche volta incorrono in sonore sconfitte. Al termine di questo andazzo potrebbero anche incorrere in un incidente.: Forse non hanno messo in conto i rapidi cambiamenti di umore del fulvo “padrone” che sta sull’altra sponda dell’Atlantico. Uno schicco delle dita e la musica potrebbe cambiare, forse … dopo le elezioni di mezzo termine..